
Un’ingegnere prestato alla bellezza: incontriamo Daniela Storaci a.k.a Lady Bio et Caroube
Daniela Storaci è “tanta roba”: ingegnere visionario, amante della sua Sicilia, seria professionista votata all’innovazione ma senza tralasciare la ri-scoperta di attivi dimenticati, giocherellona e appassionata di Formula 1. Soprattutto, è la mente che ha ideato la linea di skincare Bio et Caroube e la linea di detergenza viso Zen Source.
Ho avuto modo di conoscerla tramite Elena di Biolandiaonline e poi il nostro rapporto è proseguito fino ad oggi.
Sulla mia pagina Facebook – simonafunand50 – potete vederla in una videopresentazione della linea Zen Source, realizzata al Sana 2019.
Prima di cominciare con le recensioni di entrambe le linee, volevo presentarvi questa grandissima donna…
Cosa significa essere un imprenditore?
Un pazzo, un incosciente, un folle.. un equilibrista. E non dipende solo dai rischi che si corrono nel fare “impresa” ma anche dalla capacità di essere visionari, vedersi con contorni ben delineati in qualcosa che non esiste ancora, immaginarsi in un contesto specifico. E soprattutto avere il coraggio di mettersi in discussione, sempre e nonostante questo, portare avanti le proprie idee. Ci vuole davvero tanta testa e occorre tenerla in continuo movimento. Ci vuole determinazione, che è una parola facile e inflazionata della quale però ci si dimentica proprio quando andrebbe applicata. E poi ci vuole la capacità di sapersi godere i piccoli traguardi, anche questa una cosa per niente scontata, e non dimenticarsi mai del lavoro di chi ha permesso che venissero raggiunti.
Cosa significa essere un imprenditore nel mondo dell’ecobio?
Significa avere un’enorme responsabilità. Significa entrare in un mondo imprenditoriale relativamente “nuovo” e poter decidere come farlo, stabilire un percorso preciso e non dimenticarsene. Significa avere la forza di lasciare un’impronta e non limitarsi ai numeri. Perché anche il mondo dell’ecobio finirà, o ha già finito, per rispondere alle solite logiche di mercato ma le imprese, che sono imprese giovani per la maggior parte, hanno la possibilità di operare piccole deviazioni in questo senso. Non bisogna dimenticarsi che questo mondo nasce da una presa di coscienza e una maggiore consapevolezza dell’acquisto, e quindi poi dell’utilizzo del prodotto, da parte del consumatore. Ma quello stesso consumatore con il tempo tende a non porsi più domande. Allora dovremmo spingerlo al non adagiarsi ad una scelta di fiducia ma a mantenere sempre la curiosità di sapere, di porsi domande ed avere uno spirito critico.
Etica: un concetto alla base dell’ecobio che vediamo a volte non propriamente rispettato. Tu ti ritieni un imprenditore etico?
Mi pongo questa domanda come persona, prima che come imprenditrice, e la risposta è “mai abbastanza”. L’etica riguarda molte sfere. Partiamo dall’ambiente, gran casino davvero. Per quanto pensiamo sia possibile l’impatto zero, beh dobbiamo sapere che non lo è, e questa è una questione di fisica. Si chiama Entropia e può solo aumentare, mai diminuire, quindi qualunque tipo di trasformazione operiamo non sarà mai reversibile e noi avremo consumato una parte di quell’energia (negaentropia) che l’ambiente, il pianeta, ha accumulato come risorsa, in tempi lunghissimi. Fisica, economia, consumi e inquinamento sono argomenti per nulla scollegati tra loro, tutt’altro. Quello che è possibile fare è, coerentemente con il proprio settore e posizionamento sul mercato, cercare di limitare i danni e cercare le soluzioni migliori possibili e i giusti compromessi. Solo per fare un esempio, non sempre un contenitore in vetro è preferibile ad uno in plastica perché se si tratta di un contenitore di grandi dimensioni, è vero che non avrò utilizzato plastica ma è anche vero che questo avrà un peso molto maggiore che inciderà particolarmente sui consumi di carburante per i trasporti, e quindi in emissioni di CO2. Quello che voglio dire è che non sempre esiste una risposta chiara ed univoca. Per quanto mi riguarda mi pongo giornalmente questi quesiti e, ad esempio, una scelta che ho fatto è quella di preferire la stampa sui contenitori anziché l’applicazione di un’etichetta. Ma ripeto, la strada è lunga e si deve sempre cercare di fare di meglio. E poi ho fatto la scelta più importante, che riguarda i cosmetici in sé e che accomuna tutti i così detti marchi di cosmesi eco-bio, ancora talvolta demonizzati come modaioli o sull’onda di pura strategia di marketing, che è quella di eliminare ingredienti inutili e inerti per la pelle (sul dannoso io non mi esprimo finché non lo farà la scienza) che sono però altamente inquinanti e non biodegradabili. E questo argomento si ricollega ad un’altra sfera dell’etica che riguarda invece un principio di onestà verso il consumatore, al quale appunto, faccio nuovamente richiamo alla scienza, alla ricerca e a studi che pongono dati oggettivamente rilevanti e che sono quelli sui quali mi baso per la realizzazione di una formulazione. Insomma non mi appartiene il mondo delle gare spasmodiche al lancio continuo della “novità” e ad un concetto di cosmetico che non solo non ha nulla di eco-bio ma tanto meno di cosmetico di qualità.
Trovo meravigliosa la possibilità di avere il tempo di studiare e scoprire, e soprattutto di imparare e non stancarsi mai di farlo.
Daniela Storaci
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2 commenti
Claudia Capanna
Confermo che sono sempre più colpita da come la passione per le proprie scelte facciano la differenza rispetto a quelle effettuate dalla chimica industriale agli albori della Chimica cosmetologica . Gli imprenditori di aziende soprattutto farmaceutiche hanno ragionato solo sulla legge del profitto riguardo a nuovi fonti di fatturato che si affacciavano nel mondo dell’industria.
Dimenticavo piacevolmente colpita… Quando si parla di ingredienti inerti sulla pelle, ma non sull’ l’ambiente.
Condivido.
Simonariv
Grazie Claudia. Condivido il tuo pensiero