I luoghi e i protagonisti della bellezza

Intervista a Mr. Masciara: Arcangelo Clemente

Cominciamo la miniserie di interviste a produttori, distributori e rivenditori di prodotti ecobio per meglio conoscere la filiera che sottende questo variegato mondo.

Il primo è il nostro amico dr. Arcangelo Clemente, fondatore di Masciara.

Buona lettura!

Cosa significa essere un imprenditore?

Faccio questo mestiere perché il mondo delle imprese ha sempre esercitato su di me un particolare fascino (che ancora oggi non so dire bene da dove derivi). Fatto sta che la commistione tra pensiero strategico e pratica quotidiana è il perfetto bilanciamento tra le due anime che vivono in me: quella del filosofo e quella dell’artigiano; per quanto il “sapere” sia stata (e sia ancora) la parte fondante di tutta la mia vita non riesco proprio a stare senza smontare e rimontare qualcosa con i miei sconfinati set di attrezzi. Sicché nel mio lavoro trovo la giusta via per alimentare queste due  anime. La parte migliore della cosa è che esistono infiniti modi per fare impresa (seppure all’interno di una serie di vincoli e percorsi): questa è per me la parte più soddisfacente di questo lavoro, dal momento che mi consente di cercare continuamente il mio modo, la mia “best way”, di praticare ciò che più mi piace.

 Cosa significa essere un imprenditore nel mondo dell’ecobio?

Non credo esista una risposta univoca a questa domanda e dunque penso che vi siano molti modi di interpretare questo ruolo in virtù dei valori, delle idee, degli obiettivi che ispirano ciascuno. La mia personalissima interpretazione nasce dall’idea che il concetto di “sostenibilità” abbia basi scientifiche carenti ed ingiustificate. Ritengo che non vi sia modo, da parte di chicchessia, di sostenere alcunché: la realtà nella quale siamo immersi non può essere “sostenibile” perché nessuno è in grado di sostenerla; il concetto di sostenibilità, quindi, è relativo soltanto ad un allungamento di un periodo temporale nel quale si cerchi di mantenere alcune condizioni ambientali. Purtroppo, però, allontanandosi da una visione focalizzata nel contemporaneo, si comprende facilmente quanto qualunque nostro tentativo sia destinato ad infrangersi contro le leggi della fisica universale, troppo più grande di noi e totalmente ingovernabile. Quelle leggi hanno già segnato il destino del nostro pianeta e dunque appare sciocco pensare di dominarne o ribaltarne il percorso. Tuttavia, pur all’interno di una realtà che prescinde dai nostri tentativi di salvezza, esiste – a mio parere – un modo per relazionarsi meglio con tutto ciò che ci circonda: questo modo è rappresentato dal concetto di eco-razionalità. Praticare un comportamento eco-razionale significa pensare, ogni qual volta si compie una azione, che questa ha sempre – ed inevitabilmente – delle ricadute di varia natura in diversi ambiti: nel contesto ambientale nel quale ci muoviamo, nel contesto temporale nel quale siamo immersi (che sia il presente o – meglio ancora – il futuro), nell’ambito sociale e relazionale. Avere cura di questi aspetti che riguardano la nostra vita, e quella di altri, significa a mio avviso tenere un comportamento etico. Nel nostro lavoro, tenere un comportamento etico non ha soltanto una valenza filosofico/morale (per fortuna, aggiungo): ha un immenso valore pratico; da questo punto di vista quanti, come me, operano nel mondo ecobio debbono ritenersi fortunati poiché hanno la possibilità di mettere in pratica comportamenti eco-razionali che alla fine si concretizzano in azioni che producono ricadute positive nella vita degli esseri umani. A ben guardare, e ritornando per un momento alla cosmetica, si tratta degli stessi concetti espressi da Anastas e Warner nel loro Green chemistry, libro nel quale suggeriscono una via nuova per la chimica industriale, fatta di azioni concrete tese a migliorare l’esistenza delle persone ed a promuovere un utilizzo razionale del’ambiente del quale facciamo parte. Sicché tenere un comportamento eco-razionale, e dunque etico, può significare molte cose: può significare non sprecare risorse, non rincorrere stili di vita tanto inutili quanto irrispettosi delle esigenze altrui (come ad esempio lo spreco alimentare), etc.; ma significa anche avere relazioni rispettose non soltanto dell’ambiente ma – e soprattutto – delle persone, dell’altro da noi. Comportamenti differenti, se giudicati in quest’ottica, risultano troppo spesso irrazionali anche quando inseriti nel vasto mondo dell’ecobio: non è forse irrazionale proporre cosmetici “plastic free” ma di pessima qualità tanto che possono creare problemi all’utilizzatore finale? Non è altrettanto irrazionale fabbricare prodotti di ottimo valore cosmetico racchiudendoli in packaging che non abbiano alcuna possibilità di riutilizzo o riciclo?  Non è altrettanto irrazionale utilizzare packaging di valore economico superiore a quello del prodotto contenuto? Non è incomprensibile l’affermare di produrre cosmetici “certificabili” ma non certificati, sottraendosi così di fatto a qualunque tipo di controllo (seppur minimo, questo è vero) in nome di una migliorabile indeterminatezza degli schemi certificativi disponibili? E così via, e questo limitandoci alla visione del mondo produttivo. Se poi volessimo soffermarci sulle problematiche della distribuzione, questa intervista si trasformerebbe in un romanzo.  E se vi aggiungessimo uno spaccato del mondo del “blogging” sedicente eco-bio avremmo di fronte un bel melodramma. Anzi, negli ultimi due casi, parleremmo di una jam session dove l’improvvisazione la fa da padrona. La mia opinione, in sintesi, è che taluni comportamenti non dettati dalla razionalità (ma da altre ragioni) non siano etici e dunque non siano né adeguati né compatibili con i principi di una impresa ecobio ovvero di una attività ecobio a qualunque livello essa operi.

Etica: un concetto alla base dell’ecobio che vediamo a volte non propriamente rispettato. Tu ti ritieni un imprenditore etico?

Che il mondo ecobio (in particolare quello della cosmetica) sia caratterizzato da forti contraddizioni è sotto l’occhio di tutti. Del resto si tratta pur sempre di attività economiche le quali, per loro natura, devono essere profittevoli.  Contemperare le esigenze di comportamenti etici con quelli di attività economiche (che hanno pur sempre le loro ragioni) non è semplice e spesso può rappresentare una sfida. Credo che tutti noi commettiamo un errore di fondo ritenendo che una impresa operante nell’ecobio sia per sua stessa natura improntata all’etica dei comportamenti. Cito, a titolo di esempio, quanto mi è personalmente capitato durante il SANA 2018, allorquando abbiamo subito una intromissione (con relativo furtarello) nel nostro stand: le modalità della cosa mi convinsero, all’epoca, che una qualche azienda concorrente avesse voluto guardare “più da vicino” uno dei prodotti esposti. La sensazione non fu piacevole: mi pare di poter dire che sia un comportamento analogo a quello di chi, uscendo dalla messa, si portasse via la cassetta delle offerte. Con questo intendo dire che decidere di avviare produzioni eco-compatibili (o eco-razionali!) e biologiche non si può ridurre all’appuntarsi una medaglia sul petto con atteggiamento auto assolutorio. I comportamenti etici sono cosa diversa rispetto all’imbarcarsi in avventure imprenditoriali “di moda” e nel mood del politicamente corretto. Detto questo: resta il fatto che praticare una attività economica che rispetti i principi per cui nasce non è semplice. Vale a dire che ogni impresa, quotidianamente, deve compiere decine di scelte che ne mettono in gioco il futuro e spesso la sua stessa esistenza; scegliendo una strada al posto di un’altra si può commettere un errore che può essere compiuto in buona fede o meno. Per quanto mi riguarda: non posso sostenere con assoluta certezza che tutte le decisioni, quelle prese finora, siano risultate sempre, e tutte, eticamente ineccepibili: di certo lo erano nello spirito e nelle intenzioni; nel risultato lo lascio giudicare ad altri.

Arcangelo Clemente

2 commenti

  • Claudia Capanna

    Bellissima intervista, ha consolidato un mio pensiero riguardo all’etica.
    L’esperienza mi ha portato ad affermare che per capire la scelta etica di una azienda non servono solo le certificazioni e quello che scrive, certifica in etichetta. Benché importanti ed indicative ma bisogna guardare altro, osservare oltre i prodotti.
    Le persone che ci lavorano a tutti i livelli…
    grazie ! Ciao Simona !

    • Simonariv

      Grazie Claudia. Per questo voglio far conoscere in maniera più profonda tutti i player della filiera. Perché essere veramente “ecobio” significa essere imprenditori, distributori e rivenditori etici. E l’etica è la certificazione migliore. Ciao!

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